Condividi questo articolo

L’Istituto del Condominio negli edifici, previsto agli articoli 1117 e seguenti c.c., è un tipo di proprietà, caratterizzato dall’esistenza di più parti comuni a servizio delle diverse proprietà esclusive dei singoli condomini. La gestione, manutenzione e conservazione delle c.d. parti comuni (spazi, locali, cose ed impianti) spetta in primis ai singoli condomini comproprietari, i quali in sede assembleare, deliberano gli interventi occorrenti alla manutenzione ed all’innovazione delle stesse, stanziano i fondi necessari e nominano un Amministratore per l’esecuzione delle delibere, l’incasso delle quote dagli stessi e l’erogazione delle provvidenze per l’attuazione degli impegni assunti in sede deliberante. Infatti a mente dell’articolo 1135 del c.c. l’Assemblea dei condomini provvede: “1) alla conferma dell’Amministratore e all’eventuale sua retribuzione; 2) all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini; 3) all’approvazione del rendiconto annuale dell’Amministratore ed all’impegno del residuo attivo della gestione; 4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori; se i lavori devono essere eseguiti in base ad un contratto d’appalto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti. L’Amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima Assemblea.

Tale norma va interpretata accordandola con il disposto dell’articolo 1130 punti tre e quattro, in materia di attribuzioni dell’Amministratore, in virtù dei quali: “(3) l’Amministratore riscuote i contributi ed eroga le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni” e “(4) compie gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

Urgenza

Il combinato disposto delle sopra menzionate norme, comporta che: all’Amministratore del Condominio, è attribuito ope legis, il compito di provvedere a tutti quegli atti occorrenti al normale funzionamento delle cose comuni, quali il pagamento delle diverse utenze e la disposizione degli interventi, cosiddetti di manutenzione ordinaria, volti a garantire il regolare funzionamento degli impianti condominiali e la fruibilità degli spazi comuni, nei limiti delle istruzioni assembleari e delle disponibilità economiche a quest’ultimo concesse dagli stessi condomini. Come pure all’Amministratore è riconosciuta in caso di urgenza, la facoltà di disporre di proprio ufficio, con effetto vincolante per tutti i condomini, interventi straordinari ed il dovere di compiere tutti quegli atti conservativi dei diritti dei condomini inerenti alle parti comuni.

Il Legislatore attribuisce, pertanto, in capo ai condomini, nell’ambito di precise procedure volte ad assicurare un equa partecipazione di tutti (art. 1136 c.c. e art. 66-67 disp. att. c.c.), il dovere di manutenere le parti comuni, riconoscendo nel contempo a quest’ultimi la facoltà, e l’obbligo nel caso di Condomini composti – ora a seguito della legge di riforma 220/2012 – da più di otto condomini (ex art. 1129, primo comma c.c.), di nominare un Amministratore affinché provveda all’esecuzione dei deliberati assembleari e a tutte quelle azioni necessarie ad assicurare ai condomini il godimento dei beni comuni; Amministratore che, per legge, avrà altresì il dovere di prendere tutte quelle decisioni, imposte dall’urgenza, vuoi manutentiva, vuoi di tutela dei diritti dei condomini che non potrebbero attendere i tempi necessari al formarsi della volontà assembleare.

In quest’ottica, il Legislatore, riserva in esclusiva all’Amministratore il compito di porre in essere i deliberati assembleari e le conseguenti spese, prevedendo all’articolo 1134 c.c. che: “Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’Amministratore o dell’Assemblea non ha diritto al rimborso salvo che si tratti di spesa urgente”.

A tal proposito interessante riportare la recente sentenza del Tribunale Salerno di sez. I, 02/11/2017, n.4970 a mente della quale:

Nell’ambito  del  condominio,  la  spesa  autonomamente  sostenuta  da  uno  deicondomini  è  rimborsabile  solo  nel  caso  in  cui  abbia  i  requisiti  dell’urgenza,  ai  sensi dell’art. 1134 c.c.: di fatti, il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione  dell’amministratore  o  dell’assemblea  non  ha  diritto  al  rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente (art. 1134 c.c.). Il condomino non ha l’obbligo, ma solo la facoltà di provvedere alle riparazioni urgenti anticipandone le spese. Vanno considerate  “urgenti” quelle spese che, secondo il criterio del  bonus pater familias, appaiono indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune.   In concreto va considerata urgente la spesa la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, nell’attesa che l’amministratore (o l’assemblea dei condomini), valutandone l’indispensabilità, possa impartire le necessarie disposizioni per compierla.”

Si osservi poi che, il potere dell’Amministratore di disporre interventi straordinari, nel caso di urgenza non incontra il limite della delibera assembleare (di autorizzazione o di ratifica) ma semplicemente questi ne dovrà dare contezza ai condomini alla prima Assemblea utile. Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza N° 10144 del 19 novembre 1996, ha esplicitato che, l’articolo 1135 c.c. ultimo comma abilita l’Amministratore ad ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere d’urgenza, imponendogli l’obbligo di riferire all’Assemblea; obbligo che rientra nel generico dovere dell’Amministratore di rendere il conto della sua gestione ai condomini e che pertanto non può essere compreso nella necessità di ratifica di un atto esorbitante dal mandato. L’inosservanza di tale obbligo non preclude il diritto dell’Amministratore al rimborso delle spese riconosciute urgenti nei limiti in cui il Giudice le ritiene giustificate.

Il concetto di urgenza va inteso come impossibilità di differire all’Assemblea la decisione, essendovi il fondato motivo, secondo un prudente apprezzamento, di temere che, nel periodo occorrente per la convocazione dei condomini, possano verificarsi eventi lesivi per persone o cose.

Più precisamente la Corte di Cassazione con la sentenza n° 9289 del 16 aprile 2018 ha precisato che, l’urgenza ricorre quando, secondo un comune metro di valutazione, gli interventi appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa.

Così poi la Corte di Cassazione nella sentenza n° 4684 del 28 febbraio 2018 ha affermato che : “Ai fini dell’applicabilità dell’art. 1134 c.c., il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso delle spese effettuate a meno che non provi che si trattava di interventi urgenti e improrogabili.”

Manutenzione ordinarie e straordinaria – interventi di messa a norma

Premesse cosi, sia pure per sommi cenni, le competenze degli Organismi che caratterizzano il Condominio, ovverosia l’Amministratore e l’Assemblea, occorre a questo punto della trattazione, puntualizzare i concetti di manutenzione ordinaria e straordinaria anche in relazione agli interventi di c.d. “messa a norma”, come pure il significato di urgenza, al fine di meglio inquadrare l’ambito di operatività dell’Amministratore di Condominio e le connesse responsabilità.

La manutenzione ordinaria comprende in buona sostanza tutte quelle opere volte al mantenimento in efficienza del bene comune, che si rendono necessarie periodicamente, distinguendosi dalle manutenzione straordinaria per l’eccezionalità dell’evento. Rientrano dunque nel campo della manutenzione straordinaria tutti quegli interventi che si collegano ad eventi improvvisi, non prevedibili.

Vi è poi un terzo “genus” di opere, costituito da tutti quegli interventi definiti genericamente di “messa a norma”, ovverosia di adeguamento del bene alle normative di sicurezza o ai criteri di prudenza ed attenzione proposti dalla moderna tecnica e recepiti dalla legislazione edilizia. Tali opere spesso comportano la sostituzione di componenti costruttivi dei beni comuni, di per sé funzionanti, sia pure secondo i canoni di realizzazione dell’epoca della loro installazione, oppure la modifica materiale o aggiunta di parti, dispositivi o ingranaggi. Può pertanto ritenersi che, le opere di “messa a norma” siano per loro natura più propriamente assimilabili alle manutenzioni straordinarie, piuttosto che a quelle ordinarie.

Considerato poi che, gli interventi di “messa in sicurezza” attendono all’incolumità delle persone e cose, questi, in virtù del sopra citato ultimo comma dell’articolo 1135 c.c. potrebbero così rientrare nel sindacato dell’Amministratore di Condominio.

L’operatività dell’Amministratore di condominio è però limitata – anche in questo caso – al dovere di eseguire le sole opere indifferibili e strettamente necessarie, non potendo disporre opere manutentive straordinarie in assenza di delibera assembleare. A tal proposito si noti che il Legislatore, in sede di riforma dell’Istituto del Condominio con la legge 220 del 2012, anche per quelle innovazioni volte al miglioramento delle condizioni di sicurezza ha comunque previsto la necessaria delibera assembleare sia pure riducendo i quorum deliberativi rispetto alle innovazioni ordinarie.

Nell’esercizio del potere dispositivo di quest’ultimi interventi, l’Amministratore dovrà ponderare l’urgenza con il costo di tali opere, con le possibili soluzioni alternative ed intermedie, gli oneri occorrenti all’indire l’Assemblea dei condomini, come pure dovrà tener conto del disagio ed eventuali rischi connessi che potrebbe derivare ai condomini dalla momentanea interdizione alla fruibilità del bene condominiale.

Pertanto può assumersi nei poteri dell’Amministratore di Condominio l’autorizzare ad esempio quegli interventi di adeguamento dell’impianto ascensore o del cancello automatico richiesti per questioni di sicurezza e che abbiano un costo tale da non giustificare i disagi e rischi di un fermo degli impianti nell’attesa di una decisione assembleare.  La Corte di Cassazione nella sentenza N° 4232 del 07 maggio 1987 ha ritenuto che, nel caso di lavori diretti ad una miglior utilizzazione delle cose comuni o imposti da una nuova normativa, che comportino per la loro consistenza un onere di spesa rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla manutenzione dell’edificio e che eccede i limiti imposti dagli stessi condomini ai poteri dell’Amministratore, l’iniziativa del medesimo Amministratore senza la preventiva autorizzazione dell’Assemblea è consentita solo se tali lavori presentino il carattere dell’urgenza. Difettando tale presupposto, continua la Corte, l’iniziativa assunta dall’Amministratore stesso riguardo ai lavori straordinari non crea obbligazioni per i condomini.

Innovazioni

Per comune interpretazione giurisprudenziale le innovazioni sono opere che modificano l’entità sostanziale della cosa comune e/o la destinazione d’uso, in modo tale da turbare i concorrenti interessi dei condomini e sono dirette ad un miglioramento o ad un uso più comodo o vantaggioso della medesima.

Si può definire la categoria delle opere innovative nel contesto condominiale come “residuale”, essendo la stessa delineabile escludendo dapprima le opere manutentive e da poi quelle che comportano mere modifiche; l’oggetto è sempre la cosa comune in genere che, come tale, abbisogna di manutenzioni e può essere modificata o addirittura innovata.

Le manutenzioni, tanto ordinarie quanto straordinarie, consistono in interventi necessari a mantenere in funzionalità il bene comune, secondo l’originaria consistenza e destinazione, viceversa le modifiche sono opere – non necessarie – in grado di migliorare la sostanza del bene comune e la sua utilità, fino a variarla. Le innovazioni si differenziano dalle mere modifiche, raffigurandosi ogni qual volta le opere incidono sulla cosa comune fino a variarne l’entità sostanziale e/o la destinazione d’uso, pur dovendo essere come le mere modifiche funzionali ad un miglioramento della cosa comune nel suo complesso.

La nuova formulazione dell’articolo 1120 c.c. introduce una particolare categoria di innovazioni, già conosciuta dalle leggi speciali, ovverosia le innovazioni dirette all’abbattimento delle barriere architettoniche, al risparmio energetico o alla realizzazione di parcheggi, prevedendo maggioranze agevolate per le stesse, in ragione degli interessi “sociali” sottesi alle medesime.

Pertanto, a mente del nuovo articolo 1120 c.c. :

I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.

I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:

1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;

3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.

L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni

Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino

Condominio Luogo di Lavoro

Cassazione penale sez. IV, 09/09/2015, n.40721

  • Le prescrizioni rivolte al datore di lavoro possono distinguersi in due tipologie. Le norme antinfortunistiche a carattere oggettivo, avendo un contenuto che prescinde da qualsivoglia riferimento a un particolare destinatario, sono poste a tutela di chiunque si trovi sul luogo di lavoro. Le misure a carattere soggettivo si indirizzano invece a una specifica tipologia di soggetti da tutelare, e quindi non riguardano i soggetti estranei all’organizzazione.
  • In materia di responsabilità per violazioni delle norme antinfortunistiche, il datore di lavoro obbligato alle prescrizioni dettate per la sicurezza va identificato in colui che riveste tale ruolo nell’organizzazione imprenditoriale cui è funzionale il luogo di lavoro nel quale si è verificato l’infortunio (nel caso di specie l’infortunio si è verificato all’ingresso di una galleria commerciale di proprietà di una società diversa da quella datrice di lavoro dell’infortunato; la Cassazione ha stabilito che la società proprietaria della galleria risponde delle lesioni a condizione che la galleria sia qualificabile come luogo di lavoro di suoi propri dipendenti).
  • In tema di infortuni sul lavoro, non può affermarsi la penale responsabilità dell’imputato, quale datore di lavoro, per fatto occorso ad un soggetto che non sia suo dipendente se non in quanto risulti dimostrato che il fatto medesimo sia avvenuto in un luogo qualificabile come “luogo di lavoro” per i dipendenti dell’imputato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 62 d.lg. n. 81 del 2008, e risulti altresì dimostrato che le tutele che l’imputato avrebbe dovuto apprestare per i propri dipendenti fossero da riguardarsi come funzionali a garantire l’incolumità anche di altri soggetti che, prevedibilmente, avessero avuto occasione di accedere a quel luogo. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha annullato con rinvio, per difetto di motivazione sugli elementi sopraindicati, la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose derivate da violazione di norme antinfortunistiche il legale rappresentante di un’impresa proprietaria di locali adibiti a centro commerciale, con riferimento al mancato apprestamento, all’ingresso di detti locali, di adeguati dispositivi antiscivolo, alla cui mancanza era stata dovuta l’accidentale caduta di una dipendente di uno degli esercizi commerciali facenti parte del suddetto centro).
  • Per individuare il luogo di lavoro rispetto al quale incombe una posizione di garanzia occorre individuare una correlazione con una specifica organizzazione imprenditoriale alla quale il luogo accede in funzione servente; tale correlazione esiste se su detto luogo possano e debbano estendersi i poteri decisionali del vertice aziendale (fattispecie relativa all’infortunio occorso al dipenedente di una società proprietaria di un negozio di parrucchiera sito all’interno di una galleria di un centro commerciale. Nel transitare all’ingresso dell’edificio, scivolava sul pavimento parzialmente coperto da tappeti mobili e bagnato per l’acqua caduta dall’ombrello di una cliente che la precedeva).